giovedì, maggio 17, 2007

La cugina Daisy


Cari miei chi non si ricorda la cuginetta di Bob e Luke di Hazzard?

Si quella ficona adnorme e la domanda che vi voglio fare oggi è:

Chi Preferite la Daisy del Telefilm o la Daisy Cinematografica?

Lo so la risposta è dura da dare...

Adie

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11 Comments:

Blogger ggrillo said...

Ho i lucciconi agli occhi, che bei tempi, quante seghe... si può dire "seghe"; vero?

1:12 PM  
Anonymous Anonimo said...

A me Daisy mi ricorda quella gran femmina di Mylla, soprattutto da quando L’Ufficio centrale antifrode dei mezzi di pagamento (UCAMP) - che fa parte della Direzione III, Relazioni Finanziarie Internazionali del Dipartimento del Tesoro - ha il compito di effettuare il monitoraggio delle falsificazioni dell’Euro, prevenire le frodi sui mezzi di pagamento e sugli strumenti deputati all’erogazione del credito al consumo, svolgere attività di formazione di carattere specialistico, a livello nazionale ed internazionale, nei settori di competenza.
Più in particolare, relativamente al monitoraggio dell’Euro, nel contesto del sistema comunitario posto a protezione dell’Euro dalle falsificazioni, istituito con il Regolamento (CE) 1338/2001, l’UCAMP funge da Ufficio centrale italiano per la raccolta e lo scambio, fra organi competenti, dei dati che consentono sia di identificare banconote e monete false attraverso la descrizione tecnica della tipologia di falso sia di effettuare un’analisi strategica del fenomeno delle falsificazioni. Questa attività di monitoraggio riguarda la valuta individuata nel territorio nazionale e quindi ritirata dalla circolazione dagli intermediari finanziari (banche, uffici postali, società di custodia e trasporto del denaro, ecc.) ovvero sequestrata dalle forze di polizia (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato). Attraverso l’analisi strategica delle informazioni ricevute, l’UCAMP è costantemente in grado di valutare l’impatto del fenomeno sul sistema economico e finanziario.



L’Ufficio si avvale, oltre che di personale civile, anche di personale della Guardia di Finanza, posto alle dipendenze funzionali del direttore, che gestisce un apposito archivio informatizzato e coopera con le altre forze di polizia. La centralizzazione di tutte le informazioni idonee a facilitare le indagini ed a migliorare la prevenzione e la repressione del fenomeno compete, invece, all’Ufficio centrale italiano del falso monetario (UCIFM). Questo ufficio ha composizione interforze (Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato) ed agisce nell’ambito del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia, presso il Ministero dell’interno. L’UCIFM e l’UCAMP, pur operando su piani distinti e separati, interagiscono con lo scopo di assicurare un dispositivo di protezione dell’Euro dalle falsificazioni il più possibile efficiente ed integrato, in linea con i principi che hanno ispirato il Regolamento comunitario sopra richiamato.

In ordine agli altri mezzi di pagamento fisici, diversi dal contante, l’UCAMP avvierà lo studio del fenomeno della falsificazione degli assegni e delle frodi sui bonifici bancari con l’intento di proporre alle banche eventuali rimedi, analizzando il costo-efficacia delle eventuali azioni di prevenzione con tutti gli attori interessati.

In seguito all’entrata in vigore della legge 166/2005, recante “Istituzione di un sistema di prevenzione dalle frodi sulle carte di pagamento”, l’UCAMP esercita funzioni di competenza statale in materia di prevenzione, sul piano amministrativo, delle frodi su tutti i mezzi di pagamento e sugli strumenti deputati all’erogazione del credito al consumo.
In materia di frodi sulle carte di pagamento, l’ufficio sta realizzando una strategia basata su due assi portanti: un archivio informatizzato che permetterà, alle società che le emettono, la consultazione la condivisione, in tempo reale, di dati ed informazioni riguardanti esercizi commerciali sospetti e operazioni con transazioni non andate a buon fine o a rischio; un “forum” permanente costituito dai massimi esperti nel settore delle frodi con funzioni di indirizzo e di analisi. Il sistema di prevenzione è pertanto finalizzato a tutelare il mondo bancario delle società emittenti e, indirettamente, il cittadino che ripone la propria fiducia negli strumenti di pagamento sostitutivi del contante. La prevenzione contribuirà a contenere il fenomeno particolarmente insidioso delle truffe mediante clonazione delle carte di pagamento.
Per la prevenzione delle frodi sul credito al consumo, si sta definendo una strategia basata su un approccio sinergico che dovrebbe mettere in moto e sviluppare una efficace collaborazione tra il settore pubblico e quello privato. Trattandosi di un fenomeno che interessa le truffe perpetrate, a danno di una determinata società finanziaria, sia dal cliente di un dato venditore sia dallo stesso venditore nei confronti della finanziaria, l’attenzione dell’UCAMP è per il momento focalizzata sul primo aspetto. In una seconda fase di intervento si vedrà se e come operare nei confronti delle frodi dei venditori verso le finanziarie. Relativamente alle frodi commesse dalla clientela, l’ufficio si sta orientando verso un approccio che permetterà alle società finanziarie di poter riscontrare la veridicità di alcune informazioni in possesso di amministrazioni ed enti pubblici, in modo che la loro verifica prima della concessione del finanziamento consenta di depotenziare quella fattispecie criminale denominata “furto di identità” (richieste di finanziamento ottenute utilizzando in modo fraudolento l’identità di un altro individuo, a sua insaputa e senza il suo consenso).

Nel settore delle frodi “on line”, perpetrate mediante l’utilizzo della rete Internet e riconducibili a transazioni fraudolente connesse con il mondo virtuale, saranno analizzati taluni aspetti del fenomeno, allo scopo di individuare specifici interventi di prevenzione.

Nel comparto della formazione, relativamente alla falsificazione dell’Euro, l’UCAMP promuove attività formative in ambito nazionale e comunitario. A livello nazionale organizza seminari e workshop indirizzati a tutte le categorie coinvolte nel fenomeno della contraffazione monetaria. A livello europeo dà attuazione al programma comunitario di formazione denominato “Pericles”, istituito con la Decisione del Consiglio U.E. del 17 dicembre 2001. Inoltre, a seguito delle nuove competenze acquisite, l’UCAMP ha iniziato nel 2005 un percorso formativo, limitato all’ambito nazionale, preordinato alla prevenzione delle frodi sui mezzi di pagamento diversi dal contante e sugli strumenti deputati all’erogazione del credito al consumo. In questa prima fase dell’attività formativa, allo scopo di divulgare le iniziative legislative dirette al rafforzamento della sicurezza nei settori delle carte di pagamento e del credito al consumo, vengono organizzati seminari rivolti ai soggetti che sono professionalmente coinvolti nel circuito di emissione e di accettazione delle carte e alle società che finanziano determinati acquisti della clientela, agevolando la funzione dei venditori.

2:19 PM  
Blogger Lale said...

Siccome non conoscevo la nuova pulzella ho dato un'occhiata su IMDB...

Questa nuova (tale April Scott) pero' non mi attira come la precedente Daisy (Catherine Bach)
E anche se ora ha 53 anni, la Caterina non se la cava niente male, apparte qualche taglia in piu': http://i.imdb.com/Photos/Events/2668/CatherineB_Grani_4200129_400.jpg

4:24 PM  
Anonymous Anonimo said...

A me piaceva il Generale Lee, però confesso che entrambe le tipe mi provocano un certo complesso di inferiorità (nel senso che sono parecchio ma parecchio più bassa di loro).

6:41 PM  
Anonymous Anonimo said...

A me invece la cugina Daisy in fondo mi fa capire che fra le persone che vivono peggio e che vanno immediatamente aiutate, stringendo forti patti di solidarietà attraverso un'incessante lotta sociale in loro favore, ci sono i carcerati.

La prigionia è un'offesa a tutto il genere umano.

Il sistema punitivo non è un deterrrente alla criminalità perchè aumentando il numero dei carcerati non diminuisce quello dei crimini.

La punizione è il peggior crimine che si possa commettere nei confronti di un essere umano perchè è un'aperta violazione al primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Se c'è povertà e nello stesso tempo c'è bisogno di pezzi di ricambio per automobili, arrestando un ladro d'auto se ne genererà un altro, perchè permarrà la richiesta di riparazioni economiche e continueranno ad esserci persone bisognose di denaro disposte a rischiare la galera commettendo furti.

Se il mercato richiede droga, arrestando uno spacciatore, se ne genererà automaticamente un altro perchè inevitabilmente qualcuno ne prenderà il posto.

Se la mafia esige il pizzo, arrestando un esattore, ne verrà assunto un altro.

Non esiste nel mondo un numero definito di trasgressori che una volta rinchiusi in galera risolve alla radice il problema dell'illegalità. Il sistema punitivo crea odio verso la società ed aumenta il numero dei fuorilegge invece che diminuirlo.

Vanno perciò chiaramente depenalizzati i lavori criminosi commessi in cambio di denaro perchè sono semplici prestazioni lavorative.

Gli spacciatori probabilmente sarebbero ottimi farmacisti, gli esattori del pizzo dei meravigliosi finanzieri e i ladri d'auto dei bravissimi fabbri.

In questi casi non si tratta di criminali veri e propri, ma di vittime del disagio sociale causato dalla povertà. Sono persone che vanno aiutate ad inseririsi nella società con lavori socialmente utili adatti alle loro caratteristiche fisiche e psicologiche.

Così come non sono criminali tutti i detenuti per reati di opinione.

Banditi, truffatori, rapinatori, estorsori, trafficanti, teppisti, manifestanti, vandali, fanatici, contractors, terroristi... e killers, spesso sono solo pesci piccoli incastrati in un gioco molto più grande di loro. Bisognerebbe capire, caso per caso, se sono persone avventurose in cerca di professioni ben remunerate, poveracci che non trovano più la via d'uscita, ... o veri e propri criminali psicopatici socialmente pericolosi.

Vanno invece messi nelle condizioni di non nuocere e aiutati adeguatamente in comunità specializzate dotate di ogni possibile comodità, coloro che a causa di turbe psichiche di origine volontaria, genetica o culturale, non siano in grado di vivere civilmente nel rispetto di se stessi, degli altri e dell'ambiente in cui viviamo.

E non c'è dubbio che fra i primi a dover essere aiutati e messi nelle condizioni di non nuocere ci debbano essere:

- chiunque abbia scelto deliberatamente di ricoprire ruoli sociali destinati alla punizione di presunti colpevoli (giudici, legislatori, costruttori di galere, boia, avvocati...)
- i produttori di armi
- i laureati che ricoprano incarichi di rilievo affetti da sindrome di dipendenza dalla dipendenza
- i banchieri e gli usurai
- gli industriali che consapevolmente inquinino o sfruttino per ridurre i costi di produzione
- i progettisti ed i costruttori di opere faraoniche
- pedofili, cannibali, strangolatori di vecchiette, trafficanti di organi...
- ministri, deputati, senatori, capi di stato... che non siano seriamente impegnati nell'abolizione del sistema punitivo.

In sintesi, per ridurre il numero dei crimini non bisogna punire i presunti colpevoli, ma eliminare le cause sociali che generano illegalità. Quindi il miglior deterrente alla criminalità è la lotta contro:

- la povertà
- il degrado metropolitano
- l'inadeguatezza della scuola nozionistica
- la repressione sessuale
- l'ingiustizia
- gli sprechi
- lo sfruttamento
- il sistema punitivo
- la precarietà
- la violenza
- ... ... ...

8:34 PM  
Blogger Marco Ferri said...

Ma che succede? Perchè è stato cancellato il commento che avevo postato questa mattina? Ho forse offeso qualcuno? Mi dispiace. Avevo scritto che preferivo la Daisy cinematografica in quanto quella televisiva adesso è sfatta (nel senso di sovrappeso). Chiedo scusa se ho offeso qualcuno, non era mia intenzione. Se invece la cancellazione è dovuta ad un problema di internet, allora tutto bene.

Ps: certo che questi anonimi che postano argomenti non inerenti al tema... oltretutto senza nemmeno chiedere il permesso...mah!

8:39 PM  
Anonymous Anonimo said...

tra le due donne preferisco il Risorgimento, che portò nel 1861 alla formazione dello Stato unitario italiano, restarono estranei, con atteggiamenti che andarono dall'indifferenza all'aperta ostilità, i contadini, che pure costituivano la grande maggioranza della popolazione. Al momento dell'Unità l'Italia era un paese essenzialmente agricolo, con il 65 per cento dei suoi abitanti che ricavava dal lavoro della terra i suoi parchi mezzi di esistenza; e prevalentemente agricola l'Italia sarebbe rimasta ancora a lungo, fino alle soglie della Seconda guerra mondiale.

Il distacco delle masse rurali dalla causa nazionale ha motivazioni complesse che affondano le radici nella storia del paese: la subalternità della campagna rispetto alla città, la funzione di conservazione sociale svolta dalla Chiesa, la tradizionale diffidenza del contadino nei confronti delle novità. Ma, sul piano più immediatamente politico, la ragione di fondo sta nell'incapacità del movimento democratico, che faceva capo a Mazzini, di scorgere la centralità che nell'Italia di quei decenni rivestiva la questione della terra; il che impedì di elaborare un programma capace di scuotere le popolazioni dei contadi, facendo appello a quel “desiderio di migliorare” (l'espressione è di Carlo Pisacane) che fermentava più o meno consapevolmente nel loro seno e prospettando una trasformazione dell'assetto sociale, tale da eliminare gli squilibri e le ingiustizie, primo tra tutti lo sfruttamento di milioni di contadini, privi di terra o con poca terra e gravati da vessatori patti colonici.

Il quadro dell'Italia risorgimentale si articola nelle sfaccettature delle cento Italie agricole, la cui struttura è riconducibile ad alcune tipologie essenziali: quelle della montagna, della valle padana e delle adiacenti zone collinari, della larga fascia mezzadrile (Toscana, Umbria, Marche, Emilia Romagna), del Mezzogiorno.

In ciascuna di queste grandi circoscrizioni, nei decenni risorgimentali operarono impulsi al cambiamento dei rapporti esistenti che è opportuno richiamare sommariamente ai fini del nostro discorso.

Nelle zone montane delle Alpi e degli Appennini sopravvivevano sempre più stentatamente le minuscole aziende di proprietari particellari, costretti a integrare i propri bilanci con l'emigrazione stagionale e con gli usi civici praticati sulle terre comunali. Proprio la limitazione di questi diritti consuetudinari verificatasi nel corso dell'Ottocento, nel quadro del processo di appropriazione individuale della terra, provocò un peggioramento delle condizioni di vita, con conseguenze particolarmente pesanti nel Lombardo-Veneto. Qui infatti una sovrana risoluzione del 16 aprile 1839 impose la vendita dei beni comunali incolti: un'operazione che avvantaggiò quasi esclusivamente i proprietari più facoltosi (nobili o borghesi) e gli speculatori sul commercio del legname.

Scendendo nelle plaghe collinose e nella pianura asciutta si incontravano, alle opposte estremità, i vigneti impiantati dai piccoli proprietari del Piemonte e le “fittanze” del Veneto; nei primi duravano la loro fatica agricoltori che sopravvivevano grazie al sopralavoro e al sottoconsumo; nelle seconde erogavano lavoro coloni pressati da contratti angarici e costretti a nutrirsi quasi esclusivamente di mais, un'alimentazione responsabile della presenza devastante della pellagra. Nella Lombardia mediana, terra d'elezione del gelso, della seta e del granturco, all'antica “masseria” dalla metà del Settecento si era venuto sostituendo il contratto misto di fitto in grano e mezzadria; questo nuovo patto obbligava il colono a corrispondere al proprietario una quota di grano prefissata che poteva essere ottenuta solo destinando a quel cereale una porzione del fondo sempre superiore alla metà, con il risultato di accrescere la quota destinata al padrone.

Quanto alla pingue Padania irrigua si stava affermando un'agricoltura capitalistica, fondata su aziende di grandi dimensioni condotte non dai proprietari (per lo più nobili assenteisti, e anche ospedali e luoghi pii), ma dai fittabili, un nucleo di borghesia agraria che impiegava ingenti capitali sui fondi lavorati da un bracciantato che alla fine del secolo avrebbe fatto il suo ingresso, a volte drammatico, nella vita sindacale e politica dell'Italia.

Venendo alle regioni mezzadrili dell'Italia centrale, ai difetti di quella struttura agraria si aggiunsero gli effetti dell'aumento della popolazione, che aveva cominciato a crescere in tutta Italia dalla fine del Settecento: si aggravarono così la disoccupazione e la sottoccupazione, con la creazione di un ceto di “pigionali” (lavoranti senza un legame stabile con la terra) in Toscana e con l'allargamento della fascia di braccianti in Romagna e nella bassa emiliana.

Nel Mezzogiorno e in Sicilia, infine, si assisteva a un peggioramento delle condizioni di esistenza di quelle popolazioni rurali (piccoli proprietari, coloni, mezzadri impropri, terraticanti , metatieri , salariati: figure i cui tratti sfumavano e si confondevano), ridotte spesso al limite della sussistenza. Il malessere era accresciuto sia dalla espansione demografica, sia dalle conseguenze dell'eversione della feudalità (dal 1806 nelle province continentali, dal 1812 in Sicilia) e della vendita dei demani.

L'abolizione del regime feudale portò infatti non a un allargamento della proprietà contadina ma a un rafforzamento della proprietà terriera borghese, che si andò ritagliando una sua ampia quota accanto a quella dei baroni; e questa modificazione non si accompagnò a una trasformazione delle arretrate strutture agrarie e a un rinnovamento dei metodi produttivi, che continuarono a imperniarsi sulla cerealicoltura estensiva. Per quel che riguarda poi l'alienazione delle terre demaniali, i contadini poveri non solo non riuscirono ad aumentare il loro possesso fondiario, ma dovettero per di più subire le conseguenze negative della rottura del precario equilibrio delle loro piccole aziende, per il quale era spesso essenziale l'apporto degli usi civici.



L'analisi del ribellismo contadino nell'Ottocento – lasciando da parte le insorgenze sanfediste del triennio “giacobino” e gli episodi di opposizione ai Francesi che ebbero luogo in Calabria e in altre regioni meridionali dal 1806 – deve prendere le mosse dalle reazioni suscitate dall'introduzione della coscrizione e della leva obbligatoria nella Repubblica e nel Regno d'Italia, lo Stato sorto per volontà di Napoleone nell'Italia centro-settentrionale che al momento della sua massima espansione abbracciò un terzo del paese. Il meccanismo della leva faceva gravare il peso del rischioso servizio militare quasi esclusivamente sui contadini; se infatti gli abbienti potevano sottrarsi trovandosi un supplente a pagamento e versando una tassa, i poveri abitatori dei contadi non avevano quasi mai la somma necessaria per la sostituzione.

La risposta delle popolazioni rurali fu prima la renitenza e poi, in forme più consistenti, la diserzione. Basti qualche dato per rendere conto dell'ampiezza del fenomeno. In una statistica dell'ottobre 1810 il numero dei disertori era valutato in circa 18.000, mentre quello dei renitenti raggiungeva la cifra di 22.000; e nel breve periodo compreso tra il 1811 e il 1812 si contarono intorno a 7.000 nuovi disertori, un numero destinato a salire durante la fase di collasso del Regno.

Inizialmente una parte dei fuggitivi trovava rifugio presso parenti e amici, fidando nella connivenza delle popolazioni e nel frequente rilassamento delle autorità locali, oppure emigrava nei Paesi confinanti. Con il perfezionamento delle strutture repressive dello Stato, un numero sempre maggiore venne costretto a darsi alla macchia. Prese così nuovo alimento il brigantaggio, da sempre endemico nelle zone rurali, perché i disertori o formavano proprie bande più o meno consistenti, o si aggregavano a quelle già esistenti sul territorio.

A dare un'idea del fenomeno possono valere i fatti verificatisi nel 1808 nei dipartimenti delle Marche, di recente annessi al Regno d'Italia. In decine di comuni al momento dell'avvio delle operazioni di leva le popolazioni scesero in piazza disarmando le guardie nazionali e riunendosi in bande che attaccarono anche grossi centri. Per reprimere le insorgenze si dovette ricorrere alle truppe francesi e ai reparti dell'esercito italico; e quindi gli insorti, come si legge in una relazione del tempo, “vennero in parte passati a fil di spada, parte presi o fugati”.

Negli anni immediatamente successivi al 1848, nel quadro di una riflessione autocritica sviluppatasi in campo democratico, si andò delineando una corrente avanzata che, in opposizione a Mazzini, prese a insistere sulla necessità di elaborare un programma capace di portare alla lotta le masse, specie quelle rurali. Si andò così delineando tra il 1849 e il 1852 una germinale corrente socialista, influenzata dalle idee di Proudhon, la quale ebbe il suo esponente più conseguente in Carlo Pisacane. Questi sistemò le sue concezioni nei Saggi storici-politici-militari sull'Italia , ultimati nel 1855 (due anni prima di partire per la tragica spedizione di Sapri), nei quali sosteneva che la rivoluzione avrebbe dovuto mettere capo a una società collettivista e antiautoritaria fondata sulle libere comuni contadine.

Queste aspirazioni generose non riuscirono però a trovare una saldatura con la realtà, per le difficoltà che in quel momento storico si opponevano a un'andata verso il popolo di tipo populistico e alla creazione di un partito contadino. E quindi i lavoratori della terra continuarono a esprimere la loro protesta nelle forme tradizionali del ribellismo: come avvenne tra il 1849 e il 1853 nelle province di Mantova, Rovigo, Verona e Padova.



L'Italia uscita dal Risorgimento nel segno dell'egemonia dei moderati affrontava i primi decenni della sua vita unitaria non come un organismo omogeneo e consolidato, ma come una realtà percorsa da linee di frattura. Sul terreno politico era avvertibile il distacco tra “Paese legale” e “Paese reale”: il primo, il solo ad avere voce e presenza politiche, era formato dalla ristretta fascia di cittadini abbienti che, in virtù del loro censo (fornito spessissimo dalla proprietà fondiaria), erano abilitati all'esercizio del voto; il “Paese reale”, invece, era fatto dai milioni di lavoratori, soprattutto rurali, miseri e analfabeti, devastati dalle malattie e dalla fame. E altrettanto netti erano gli squilibri presenti nella compagine socio-economica: il distacco tra Nord e Sud (già avvertibile peraltro prima dell'Unità) e il connesso emergere della questione meridionale; le tradizionali diversificazioni regionali e provinciali; i particolarismi del vivere quotidiano; il permanente contrasto tra città e campagna: un insieme di spinte centrifughe, di interessi divergenti o contrastanti di gruppi, ceti, contrade.

La manifestazione più clamorosa delle tensioni sociali fu il “grande brigantaggio” che, dopo le avvisaglie subito represse nella Sicilia liberata da Garibaldi (i famosi fatti di Bronte), sconvolse la vita del Mezzogiorno tra il 1861 e il 1865, stendendo le sue ultime propaggini fino al 1870.

Il brigantaggio, al di là dei tentativi di strumentalizzazione operati da borbonici e clericali e degli episodi di criminalità comune da cui fu costellato, appare nel suo complesso come un grande episodio di lotta di classe. In quel fenomeno, che diede vita a una guerriglia su larga scala, si espressero il rancore e l'odio dei “cafoni” contro i “galantuomini” e la loro fame di terre, l'aspirazione al recupero dei beni demaniali usurpati e l'ostilità contro uno Stato sentito estraneo. Si trattò quindi di un moto sociale rurale, che certamente non fu mai coordinato e si frantumò in una miriade di scontri, ma che riuscì a reggere a lungo perché poteva contare sulla connivenza dei contadini. La lotta fu lunga e sanguinosa, e lo Stato poté condurla a termine con successo soltanto con un massiccio spiegamento di forze (più di centomila uomini), con l'impiego di una legislazione eccezionale e con l'invio su larga scala dei sospetti al domicilio coatto. I morti nelle file dei “!briganti” furono più di 5.000, e altrettanti furono gli arrestati. Le cifre testimoniano l'asprezza di un conflitto nel quale cominciò a prendere corpo, sia pure in forme ancora confuse, una aurorale coscienza di classe dei contadini meridionali – o per lo meno della loro parte più povera ed emarginata – che seppero trarre dal proprio seno capi audaci e capaci, da Crocco a Ninco Nanco. E val la pena di accennare che le radici sociali del brigantaggio furono intuite anche da Garibaldi, il quale mise in rilievo che gli “infelici contadini” erano stati spinti a farsi briganti dall'indigenza e dal malgoverno e che essi erano meritevoli di simpatia e di ammirazione perché, anche se mossi da un falso principio, avevano dimostrato di saper combattere valorosamente.

Un altro chiaro segnale delle tensioni che percorrevano le campagne nel primo decennio postunitario è costituito dai moti del “macinato”. La tassa, che aveva avuto una sua lunga storia negli Stati preunitari, fu rimessa in vigore dalla Destra storica, alla affannosa ricerca di mezzi per far quadrare i conti della finanza pubblica; fu così pensato un macchinoso sistema che prevedeva una tassa proporzionata ai giri delle macine dei mulini, con il pagamento delle somme dovute nelle mani dei mugnai. Il macinato veniva quindi a colpire le popolazioni rurali in maniera assai più immediata che non gli abitanti dei centri urbani, per i quali la tassa era anticipata dagli esercenti. Inevitabile fu perciò la reazione delle popolazioni rurali, irritate anche dalla immediata e generalizzata chiusura dei mulini attuata dai mugnai in segno di protesta. Nei primi giorni del 1869 gli abitanti di molti contadi dell'Italia centro-settentrionale si riversarono nelle piazze di borghi e paesi imponendo – con un movimento spontaneo, che ebbe il suo epicentro in Emilia – la riapertura dei mulini e la macinazione senza la riscossione della tassa. La risposta del governo fu militare: il generale Raffaele Cadorna eseguì il compito lasciandosi dietro 250 morti e un migliaio di feriti.

I movimenti che scossero in questi anni le campagne impressero il loro segno anche sul nascente socialismo italiano. Quei contadini, che con il brigantaggio e i moti contro il macinato avevano affermato la loro presenza, apparvero infatti ai militanti della prima Internazionale – seguaci, al pari dei loro compagni di Spagna, del collettivismo anarchico di Bakunin – come la forza motrice della rivoluzione socialista (“la liquidazione sociale”, come essi la chiamavano) cui lavorarono assiduamente, anche se con scarso realismo, tra il 1871 e il 1877. A giudizio di Bakunin e dei suoi amici italiani, nella penisola non si doveva fare infatti de “socialismo cittadino”, sul modello della socialdemocrazia tedesca, ma bisognava invece appoggiarsi sull'istinto rivoluzionario delle masse.

Una visione che partiva proprio dalla mitizzazione del brigante come eroe positivo e individuava nelle bande contadine lo strumento di una gigantesca jacquerie che, partendo dal Mezzogiorno, avrebbe dovuto condurre a una società di liberi e di eguali fondata sulla proprietà collettiva della terra. “Il tempo delle jacqueries non è finito” sono parole di Pietro Cesare Ceccarelli, uno dei capi della cosiddetta “banda del Matese” che nel 1877 cercò invano di attizzare l'incendio rivoluzionario nelle campagne meridionali.

Gli anarchici anticipavano di qualche decennio i fatti, e la loro azione non ebbe alcuna presa nelle campagne; anche per la sfasatura temporale tra il brigantaggio, ormai esaurito nel 1870, e l'avvio dell'organizzazione della prima Internazionale in Italia (cominciata in sostanza dopo la Comune parigina), e per il rapido declinare del loro movimento, entrato in crisi alla fine degli anni Settanta. E tuttavia le manifestazioni del crescente malessere dei contadi, tornato a esprimersi negli anni Ottanta, davano loro almeno in parte ragione per quel che riguarda il livello critico raggiunto nel mondo rurale.

Nella Padania irrigua si andava infatti realizzando un'ulteriore penetrazione del capitalismo agrario, accelerata dalle ripercussioni della grande “crisi agraria” con l'impulso ai lavori di bonifica, l'avanzata del prato, la razionalizzazione della produzione lattiero-casearia. Tra gli effetti, furono particolarmente incisivi il rafforzamento della grande azienda con l'eliminazione di piccoli proprietari, coloni e mezzadri, l'immiserimento di braccianti e obbligati, l'aumento della disoccupazione.

Nacque in questo clima il movimento detto de “la boje” (l'acqua nella pentola “bolle” tanto che questa scoppierà), che tra il 1882 e il 1885 percorse il Mantovano e il Cremonese. Inizialmente l'agitazione ebbe un carattere spontaneo. Tuttavia la stessa durata dell'azione favorì la ricerca di strutture organizzative più adeguate – l'embrione delle future “leghe” – che permisero di superare il localismo con la creazione di rapporti a livello provinciale.

Questo faticoso passaggio fu favorito dall'incontro tra il movimento dei lavoratori e l'opera di propaganda dei primi “apostoli” del socialismo, che contribuirono ad aprire alle popolazioni rurali nuovi orizzonti morali oltre che politici e facilitarono l'evoluzione dalla protesta tumultuosa e incoerente all'organizzazione sindacale di classe fondata sulla solidarietà: il fenomeno che avrebbe dato la sua impronta al movimento dei lavoratori dell'Italia settentrionale nei primi due decenni del Novecento, prima dell'avvento del fascismo.

Seguì poi, tra il 1885 e il 1889, la rabbiosa protesta dei contadini della fascia mediana della Lombardia, i quali scesero in lotta per rivendicare la modificazione degli oppressivi patti colonici.

Pochi anni più tardi fu la volta della Sicilia, colpita dalla crisi dei suoi prodotti fondamentali, grano, vino e zolfo. Nell'isola, tra il 1891 e il 1893, si sviluppò il movimento dei Fasci. Non si trattò questa volta di una esplosione di jacquerie , ma di uno sviluppo associativo organizzato, in cui la direzione politica di un gruppo di intellettuali radical-socialisti si saldò con il protagonismo contadino.

La prova di questa presa di coscienza sta nel fatto che il movimento si strutturò in forme articolate e avanzò rivendicazioni organiche, che non solo tendevano a imporre a proprietari e grandi affittuari (i “gabelloti”) miglioramenti contrattuali, ma testimoniavano anche il profondo desiderio dei contadini di arrivare alla proprietà individuale della terra. Questo attacco al latifondo, che metteva in discussione equilibri sociali tradizionali, provocò la repressione da parte del governo, che procedette allo scioglimento dei Fasci e decretò uno stato d'assedio che portò con sé quasi cento vittime.



Il secolo si chiudeva così con il sangue dei contadini siciliani e con quello delle vittime del tentato colpo di Stato reazionario del 1898. Ma le lotte dei ceti popolari delle campagne e delle città avrebbero indotto all'inizio del nuovo secolo la parte più illuminata dei ceti dirigenti e della classe politica alla “svolta” liberale dell'età che prende il nome da Giovanni Giolitti. Nel clima più disteso assicurato dal “sistema” giolittiano, la presa di coscienza delle popolazioni rurali e la nascita dell'organizzazione sindacale nelle campagne avrebbero assunto forme più evidenti e concrete, inserendosi con una propria originalità nel quadro della vita politica e civile italiana di quegli anni e pure nel culo dei bambini puzzolosi

8:46 PM  
Anonymous Anonimo said...

una considerazione. Ma come ti vine in mente solo di far partire il paragone tra la Daisy vecchia e quella nuova? E' un pò come dire: meglio trombare o spararsi? E comunque chi si permette di scrivere i commenti lunghi senza senso? Secondo me è un fesso patentato.
E poi a cosa servono? Non hanno nessun legame con i "dubbi"...
Bel blog comunque, me ne ha parlato la Sandra. A presto, ciao

8:58 PM  
Blogger Grisson said...

X Giovanni: cero che si pole dire seghe

X Lale: la Desy del Film è Jessica Simpson

X Marco Ferri: Mi sa che è stato un problema di internet io non censuro

X Lypsak: Ok va bene lo so voi donne vi odiate per questioni di 1cm... ;)

jaja82: Grazie per la visita e credo che se la sandra ti ha consigliato il mio blog deve andare a farsi vedere da uno bravo.

X Tutti: quello che scrive l'inciclopedia è un certo signor Dalla ragione che si diverte a fare sto gioco con Vavvo ma alla fine a me un da noia quindi no problema, poi arricchiscono così la mia bassa cultura ;) Adie

10:15 AM  
Blogger Lale said...

Hai ragione! E' che per sbaglio ho guardato la scheda di "Dukes of Hazzard 2" che esce quest'anno e che ha una diversa Daisy.

Pero' quella originale e' sempre la meglio!

12:01 PM  
Anonymous Anonimo said...

Ma io pensavo che fossi lìunica che gli puzzavano le curaggie.Ecco spiegata la mia deferenza.

12:57 PM  

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