sabato, febbraio 10, 2007

Perchè ho un blog?

Oggi ho voglia di cercare di spiegare perchè ho aperto i miei blog.

Tutti direte ma che cazzo ce ne frega a noi ed io vi risponderò il blog è il mio e ce scrivo quel che cazzo mi ci pare e piace!!!!!!

Questa voglia e bisogno di scriverlo mi è venuta questa mattina mentre sorseggiavo il mio caffè mattiniero (seguito da sigaretta e dalla successiva corsa in bagno per defecare... ma ora basta cazzate), Io ho aperto questo Blog molto probabilmente perchè spinto dal mio narcisismo.

Ora spego meglio io sono una persona che gli piace essere apprezata e in qualche senso stimata o almeno che non passa inosservata. Anche se nei rapporti amicali cerco di nascondere questa cosa facendo finta di essere defilato, ma anche l'esser defilato fa parte del gioco.

Ho messo un contatore per sapere quante persone visitano questo blog per avere la conferma che io sono letto sono visto, la gente vede cosa scrivo, sa cosa penso, su cosa credo e su cosa amo scherzare ed ironizzare. Il sapere che oltre ai miei amici "reali" cioè persone che frequento e conosco vi è delle persone che commentano e leggono il mio blog che non conosco se non virtualmente (anche se martedì ho conosciuto alcune di loro, con le quali ho passato una bellissima serata e da Nik Name ed algoritmo matematico digitale stile Matrix sono diventate figure in carne ed ossa) che apprezzano o criticano quello che scrivo mi rende appagato ed il mio bisogno di conferme si placa.

Lo scrivere post ironici o in cui sono incazzato mi serve per sfogare e placare il mio narcisismo estremo. Riflettendoci bene anche questo post a "cuore perto" moltro probabilmente serve a questo per farmi apprezare o infamare come persona vera e sincera, certo che la Psiche umana è veramente strana....

Va bhe ora tornerò a scrivere le solite cazzate e vi lascerò stare con i miei problemi da Psicopatico.

Adie

Etichette:

13 Comments:

Anonymous Anonimo said...

P

8:57 PM  
Anonymous Anonimo said...

O

8:57 PM  
Anonymous Anonimo said...

R

8:57 PM  
Anonymous Anonimo said...

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8:58 PM  
Anonymous Anonimo said...

D

8:58 PM  
Anonymous Anonimo said...

O

8:58 PM  
Blogger mylla said...

Anonimo... bastava una riga per il tuo "pensiero" =D
Per Io, anche io mi preoccupo se un mio post non raggiunge più di 4 commenti di persone diverse ma che ci vuoi fare? Credo che le persone rispondano molto volentieri o su post di argomento intimistico (vedi mio post "denso") o su post con argomenti sociali, in cui tutti ci sentiamo coinvolti. Non fare che questo blog ti schiavizzi alla ricerca di conferme, usalo come sfogo, per raccontare quel che ti passa per la testa, ma non è il contatore di passaggi che ti renderà più sereno. Voglio dire, tramite il blog intanto hai raccattato nuovi contatti, nuove persone con cui parlare il che non è poco. Insomma... non mi pare che nel tuo blog non ci passi nessuno. Tu pensa a chi legge il mio blog, ho quei tot aficionados, mica sono beppe grillo, e mi preoccupo se non scivono + quelle "ics" persone. Non essere succube delle conferme altrui, sii attento a quelle ce vengono da te stesso =D ByeByeByMylla

7:02 PM  
Anonymous Anonimo said...

si, sei psicopatico come il 90% dei bloggherssssssss

[ma guardati le spalle da quel 10%]

1:26 AM  
Blogger Vavvo said...

lo sai che ieri sera ho investito con la macchina Fonzie?

2:42 AM  
Blogger Lale said...

Ripigliati pensando che per ora sei l'unico che visita il mio di blog!!!

Altro che meno di quattro persone che commentano...

Comunque concordo con mylla, deve essere uno sfogo, non una "ossessione" (in senso buono)

10:33 AM  
Anonymous Anonimo said...

Perché appartengo alla Chiesa Metodista di Coivoli: senza dubbio perché la Chiesa Metodista con i suoi quasi 70 milioni di fedeli è oggi la Chiesa protestante più diffusa in tutti i continenti e si caratterizza ovunque per la sua profonda spiritualità, per il suo dinamismo evangelistico e per la sua marcata sensibilità ai problemi etici, sociali e politici.
Il movimento metodista nacque nel XVIII secolo ad opera del Pastore anglicano John Wesley (1703-1791) come movimento di Risveglio religioso e sociale che coinvolse dapprima Inghilterra e Nord America e poi, per l’attività dei suoi missionari, si diffuse ben presto in Europa e nel resto del mondo.
Tutta la storia del Metodismo è derivata da una felice intuizione teologica di John Wesley. E cioè che la rivelazione dell’amore di Dio per l’uomo è una verità interiore che si palesa nell’esperienza della carità umana. Questo significa che l’Evangelo incarnato nel Cristo - che Dio ha amato l’uomo indipendentemente da quello che egli è - acquista un valore sociale e diventa impegno di vita. Di qui la massima coerenza tra messaggio e azione. Separare l’opera missionaria di Wesley dal suo pensiero teologico, che ne è il propulsore non è perciò possibile. Una cosa non può essere intesa senza l’altra: sono interdipendenti. L’assioma metodista è che Dio ha dato tutto (e questo è dottrina teologica) per cui tutto noi dobbiamo dare (e questo è impegno sociale). C’è dunque un collegamento indissolubile tra la salvezza ricevuta come dono gratuito in Cristo e la salvezza offerta come dono riconoscente al fratello.
La diffusione del Metodismo nel mondo è dovuta senz’altro a questa sua impostazione teologica: come è facilmente dimostrabile deducendolo dalle numerose opere di Wesley stesso - i suoi 40.000 sermoni, il suo diario, la sua corrispondenza con personaggi religiosi e politici impegnati come lui nella lotta contro la piaga dell’alcolismo, il sistema economico dello schiavismo e la pratica sociale della schiavitù, i libri da lui scritti o tradotti per le scuole che andava istituendo, la creazione delle prime "Scuole domenicali", vanto oggi di tutto il protestantesimo per la preparazione religiosa dei minori - e come infine traspare dagli scritti dei suoi seguaci e da quelli dei suoi detrattori.
Da tutto ciò è facile rendersi conto di che cosa abbia rappresentato il Metodismo nel mondo; del valore di alcuni suoi uomini e del peso che essi hanno avuto nel passato, come lo statista William Wilberforce strenuo propugnatore nel Parlamento inglese delle leggi antischiaviste, - e che hanno tuttora nell’economia dei vari paesi, particolarmente nell'emancipazione delle culture del Nuovo e del Terzo Mondo, come Nelson Mandela.
È un dato di fatto che nel momento in cui si stava formando in Inghilterra il ceto operaio, e nelle fabbriche nascenti e nelle miniere lo sfruttamento anche dei minori arrivava a limiti esplosivi, Wesley e i suoi pastori hanno volutamente svolto il loro ministero presso le classi più disagiate e più esposte. Né possiamo tralasciare di dire che il Laburismo e il Sindacalismo inglesi hanno avuto la loro culla nelle Cappelle metodiste, e che al Congresso generale delle "Unions" del 1872 la metà degli oratori erano predicatori metodisti.
Oggi il Metodismo mondiale è particolarmente coinvolto con tutto il protestantesimo nell’impegno per la "Giustizia, la pace e la salvaguardia del creato".
Peculiare caratteristica del Metodismo poi è l’avere accanto ai pastori consacrati un rilevante numero di predicatori laici, uomini e donne, i quali, adeguatamente preparati teologicamente, svolgono un importante ruolo nella evangelizzazione ed ovviamente nella predicazione. Fin dal tempo di Wesley, non poche donne provenienti da tutti i ceti sociali, vincendo dimostrazioni di ostilità e non pochi pericoli materiali, cominciano a predicare e il loro crescente successo ne portò alcune a intraprendere studi e a diventare predicatrici autorizzate.
Quando il Metodismo varcò l’Atlantico aveva ormai 25 anni di vita. La sua espansione, dopo un primo modesto inizio, fu rapida e non fu dovuta soltanto al concetto che Wesley aveva di una parrocchia mondiale: "La mia parrocchia è il mondo", ma soprattutto alla massa dei predicatori metodisti itineranti la cui attività missionaria, svolta soprattutto a cavallo e per lunghe distanze, si sviluppò a tal punto da essere importante per la storia di quel continente. La loro vita dura e la loro intraprendenza di "cavalieri erranti" della fede fecero nascere tipici "slogans" sul loro conto. Quando scoppiava un uragano, per esempio, si usava dire: "Con un tempo simile non c’è sicuramente nessuno fuori, tranne i corvi e i predicatori metodisti"! Leggendario rimane anche il loro apporto spirituale e religioso che accompagnò la penetrazione dei primi rudi pionieri verso l’Ovest.
Wesley aveva avuto esperienza diretta e personale della situazione dei Neri in America e si impegnò nella condanna dello schiavismo con conferenze, opuscoli, sottoscrizioni, comizi onde sottoporre all’opinione pubblica l’urgenza di prendere posizione al riguardo. Furono così fondate due Università nere, ed un ex schiavo fu il primo vescovo metodista nero.
L'indipendenza politica degli Stati Uniti portò con sé la necessità di avere in America anche una Chiesa metodista autonomamente organizzata. Nel 1784 fu costituita in America la ‘Chiesa metodista episcopale’, così chiamata dal nome dato al pastore eletto per un dato periodo di anni alla carica di Presidente, Chiesa che convive fraternamente nel mondo con la "Chiesa metodista wesleyana", originaria d’Inghilterra.
In Italia la penetrazione del Metodismo, anche se presentatosi per primo tra le missioni agganciate a Stati la cui libertà era ormai di antica tradizione, fu tardiva. Se ne ha notizia fin dal 1816 quando un mercante metodista inglese con la copertura dell’acquisto di cappelli di paglia a Firenze, finì nelle maglie della polizia locale per aver distribuito clandestinamente delle Bibbie; e un altro colportore (distributore di Bibbie per conto di chiese protestanti) clandestino, spintosi non si sa con quali mezzi e con quanto coraggio fino a Roma, tornando in patria aveva prospettato alla Società Missionaria wesleyana la possibilità di un lavoro evangelistico proprio in quella città! Ma solo nel 1852 con la venuta in Italia dell’ex seminarista di Ivrea Benedetto Lissolo, convertitosi in Inghilterra alla Chiesa Wesleyana, comparvero i primi missionari, e solo una decina di anni dopo il Metodismo cominciò ad avere qualche pallido rilievo. Fondatore riconosciuto del Metodismo in Italia fu il giovane pastore Henry James Piggott (1831-1917) che dal 1861 dedicò l’intera sua vita a quest’opera. Stabilitosi in un primo tempo ad Ivrea, passò poi a Milano dove fondò un Istituto per ragazze, e da dove estese l’opera in Lombardia e in Emilia. Stabilitosi poi a Padova estese l’opera nel Veneto per scendere poi a Firenze e a La Spezia. Nel 1868 le statistiche presentate alla prima Conferenza di quella che sarà la Chiesa Evangelica Metodista d’Italia furono: 16 locali di culto, 24 predicatori, 179 scuole domenicali, 592 allievi nei corsi d’istruzione scolastica.
L'unità d’Italia fu la grande occasione attesa da tutto l’evangelismo. Nel 1873 la Società missionaria episcopale di New York inviò in Italia il pastore Leroy M. Vernon (1838- 1896) che si stabilì prima a Modena e poi a Bologna da dove estese l’opera in tutta la penisola. Piggott e Vernon si accordarono quindi perché i due rami del Metodismo mondiale agissero in Italia sempre in modo complementare nella fondazione di chiese come di opere sociali. Nel 1946, poi, i due rami si fusero da noi in un unico corpo: la "Chiesa Evangelica Metodista d’Italia".
Passati i tempi particolarmente sfavorevoli, nel trentennio a cavallo del secolo l’impegno metodista fu notevole con la fondazione di scuole diurne e serali, di Circoli culturali, di giornali e, soprattutto, nell’assistenza materiale e spirituale in alcuni luoghi con maggior concentrazione di manodopera sovente importata e perciò maggiormente bisognosa di aiuto.
Ad esempio: prima del 1868 a Padova accanto alla chiesa è fiorente un Istituto con scuola elementare mista, scuola superiore e una scuola tecnica. Nel 1892 ad Omegna fu iniziata un’opera di sostegno per gli operai della filanda locale; ne nacque in seguito la chiesa di Omegna. Dal 1898 al 1906 a Iselle, per gli operai impegnati nel traforo della galleria del Sempione, e per le loro famiglie, furono organizzati: un asilo infantile, una scuola elementare con pasto meridiano gratuito, una sala di riunione e corsi serali di istruzione per adulti. Ne nacque in seguito la chiesa di Domodossola. Dal 1901 al 1903 a Milano, per gli operai provenienti dall’entroterra della regione e per quelli immigrati dal Sud, in occasione della elettrificazione dei trasporti urbani, fu istituito un servizio di promozione sociale e fu iniziata un’opera di evangelizzazione. Ne nacque in seguito la seconda chiesa metodista di Milano. Nel 1903 a Salerno fu attuato un progetto di assistenza e di aiuto per gli operai delle vicine filande. Ne nacque in seguito la chiesa di Salerno. Nel 1907 a Eboli sorse una organizzazione a sostegno materiale e spirituale della classe contadina locale. Dal 1906 al 1910 il medesimo aiuto fu portato nel vicentino e nel novarese alle locali comunità contadine, e a Montorfano agli scalpellini delle locali cave di granito. Nacquero così tre piccole chiese.
Le chiese metodiste con le loro attività sociali ed assistenziali oggi esistenti in Italia sono il frutto e la prosecuzione di quest’opera iniziata quasi 150 anni fa, e l’attuale presenza metodista nel nostro paese può essere così quantificata:
39 comunità o chiese con una popolazione complessiva di circa 5.000 aderenti.
opere sociali: 'Ecumene' Centro evangelico per la gioventù, Velletri (Roma); Centro evangelico di servizio: Villa S. Sebastiano (AQ); Centro sociale 'Emilio Nitti’ (NA); ‘Casa Mia’ Centro sociale per adolescenti e bambini (NA); ‘Casa Materna’ Istituto per bambini e centro accoglienza emigrati (NA); Centro cristiano per l’infanzia e scuola materna Scicli (RG).
Vari Circoli culturali.
Impegno socio assistenziale in collaborazione con altre chiese evangeliche: per esempio l’ospedale ‘Villa Betania’ di Napoli.
Partecipazione ad organismi nazionali, mondiali ed ecumenici: Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI); Conferenza delle chiese europee (KEK); Consiglio mondiale metodista (WMC); Consiglio ecumenico delle chiese (CEC).
L'integrazione nel 1979 delle chiese metodiste in Italia con le chiese valdesi non ne ha modificato i lineamenti dottrinali
Il popolo metodista si configura come una grande famiglia di chiese che forma il Consiglio Mondiale Metodista.
Asseriamo di essere parte della chiesa una, santa, universale e apostolica.
Traiamo origine dall’opera di John e Charles Wesley, nell’Inghilterra del secolo XVIII e che in breve tempo dall’Inghilterra si è diffusa fino agli angoli remoti della terra.
Il fine di questa opera e di questo ministero è stato, ed è tuttora, il rinnovamento della chiesa e la diffusione della santità secondo le Scritture, che in sé comprende la giustizia sociale in tutto il mondo, alla gloria del solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Confessiamo di essere spesso venuti meno a questa alta vocazione e ci pentiamo delle volte in cui la nostra testimonianza ha distorto l’Evangelo. Affidandoci alla grazia di Dio ci impegniamo nel suo servizio.

Affermiamo una visione della fede cristiana realmente evangelica e universale, riformata, radicata nella grazia ed efficace nel mondo.

I metodisti ritengono le Sacre Scritture, Antico e Nuovo Testamento, regola fondamentale di fede e di vita e centro di ogni riflessione teologica.
I metodisti professano gli antichi credi ecumenici, il Simbolo Apostolico e il Simbolo Niceno.
I metodisti si sforzano di confessare, di interpretare e di vivere la fede apostolica, quella fede che anticamente fu data ai santi.
I metodisti riconoscono che la riflessione biblica è influenzata dai processi della ragione, della tradizione e dell’esperienza, ma nel contempo restano consapevoli che le Sacre Scritture sono la fonte e il criterio su cui si fonda la fede.
Proclamiamo Gesù Cristo con parole, opere e segni.
Ricerchiamo la realizzazione della volontà di Dio per la salvezza dell’umanità.
Dallo Spirito Santo siamo resi capaci di essere segni della presenza di Cristo nelle comunità e nel mondo, mediante la predicazione e l’insegnamento, con opere di giustizia, di pace, di misericordia e di guarigione quale frutto della fede.
Siamo testimoni del Regno di Dio fra di noi ora e qui, così come lo ha proclamato Gesù, e attendiamo quella piena realizzazione del Regno che viene, quando ogni forma di male sarà distrutta.
Ci sforziamo di comprendere e rispondere al contesto e alle situazioni in cui ci troviamo a vivere in modo che la nostra testimonianza sia leale e coerente.
Serviamo il mondo nel nome di Dio, sapendo che è nelle azioni che compiamo, per mezzo della forza dello Spirito santo, che il nostro impegno prende vita.
In quanto seguaci di Gesù Cristo, venuto a servire piuttosto che ad essere servito, andiamo per il mondo come popolo di Dio in Cristo Gesù, servi di tutti e di ognuno, non avendo riguardo per differenze di censo, etnia, genere, età, capacità fisiche o mentali, sessualità, religione o origini culturali.
Essendo stati colmati "dell’energia dell’amore", saldamente radichiamo il nostro servizio, il vivere e l’operare, nell’amore per il prossimo, anche di coloro che percepiamo come nemici.
Giacché ogni forma di servizio cristiano soggiace all’influenza di un determinato contesto di comunità e culturale, ricerchiamo modi appropriati per esprimere l’amore.
Una vita santificata salda insieme la conversione e la giustizia, le opere di pietà e le opere di misericordia.
Suscitato da Dio, un servizio cristiano autentico si basa sulla Scrittura, è messo alla prova nella comunità, afferma la vita e ricerca lo shalom, la pace del Regno di Dio.
Avendo presente la parabola del Samaritano (Lc. 10:25 ss), esprimiamo e rivendichiamo compassione per tutti, e così pure accettiamo la chiamata in Cristo a "soffrire" con i minimi, in umiltà e amore.
I metodisti gioiscono per l’amorevole disegno di Dio nella creazione, nella redenzione e nel coronamento della sua opera mediante la grazia offerta a tutto il mondo.
I metodisti credono nella centralità della grazia: creatrice, preveniente, giustificante e santificante.
I metodisti credono nella signoria di Gesù Cristo la cui Redenzione è sufficiente per l’umanità intera.
I metodisti si credono "amici di tutti e nemici di nessuno"
Adoriamo il Dio Trino e a Lui siamo fedeli.

Nel Culto rispondiamo con gratitudine e con fede alla potente azione di Dio nella creazione, nella storia, nelle nostre comunità e nella nostra vita personale.
Nel Culto confessiamo il nostro peccato contro Dio e gli uni contro gli altri e riceviamo il misericordioso perdono di Dio.
Nella preghiera restiamo in attesa della presenza di Dio, offriamo le attese e i desideri profondi del nostro cuore, per noi stessi e in intercessione per gli altri, e ci apriamo allo Spirito di Dio per ricevere
Nella celebrazione dei sacramenti del Battesimo e della Santa Cena partecipiamo al mistero della presenza di Dio, della redenzione e della riconciliazione.
Nelle letture proclamiamo e riceviamo l’Evangelo e affermiamo la potenza creatrice e salvifica di Dio.
Dal Culto andiamo poi nel mondo, per amare e servire, per essere strumenti di giustizia e di pace, per l’attuazione del Regno dello Spirito Santo sulla terra.
Siamo eredi del patrimonio innografico di Wesley che oggi si è arricchito da molte altre fonti.




La vita comunitaria

Condividiamo la dedizione a Gesù Cristo, che si manifesta nel comune sentire, del cuore e nella vita, vincolando i credenti nella comunione fraterna e anticipando così la solidarietà all’interno della famiglia umana.

Avendo sperimentato che l’Evangelo di Gesù Cristo è potenza liberatrice da ogni oppressione, diamo solidale sostegno a tutti coloro che ricercano libertà, pace e giustizia.
Sapendo che l’amore di cui abbiamo parte in Cristo è più forte dei nostri conflitti, più ampio delle nostre opinioni, più profondo delle ferite che ci infliggiamo reciprocamente, ci impegniamo ad essere presenti e partecipi nelle nostre Comunità, denominazioni e in tutta la famiglia cristiana, proponendoci come fine la formazione, la diffusione e la testimonianza.
Ricordando il nostro impegno fondato nell’Evangelo ad "amare il prossimo", faremo ogni sforzo per instaurare relazioni con i credenti di altre tradizioni religiose attraverso il dialogo e la comune condivisione del servizio al mondo.
La Chiesa primitiva è una Chiesa che evangelizza con entusiasmo ed efficacia. Ma evangelizzare oggi è lo stesso che al tempo degli Atti degli apostoli? Sì, nel senso che identico è l'oggetto del messaggio e identici sono i bisogni del cuore umano, identica è la sorgente che è lo Spirito santo e identici i grandi mezzi dell'annuncio e della testimonianza. No, nel senso che molte delle condizioni esterne dell'annuncio sono mutate, e occorre tenerne conto. È infatti facile confondere nella pratica la evangelizzazione con forme varie di proselitismo o comunque di propaganda di un'idea o di una dottrina.

Che cosa è dunque l'evangelizzazione? Evangelizzare è comunicare il "Vangelo", la buona notizia su Gesù: la buona notizia che Dio ci ama davvero, tutti e ciascuno, e che Gesù è morto e risorto per la nostra salvezza per liberarci dal peccato e dal male; la buona notizia del regno che viene in Gesù e che si realizza gradualmente nella nostra adesione a Lui.

Evangelizzare non è soltanto comunicare verbalmente la buona notizia, ma comunicare vita, collaborare con lo Spirito del Risorto che attrae ogni uomo per farlo una cosa sola in Gesù col Padre. Tutti coloro che sono divenuti uno con Gesù e fanno unità nel suo Corpo, la Chiesa, sentono quell'appello che ha fatto dire a Gesù dopo la sua risurrezione: «Predicate il vangelo a ogni creatura» (Mc 16:15). L'evangelizzare suppone dunque che si sia assimilata nel cuore la realtà del "Vangelo", la sua ricchezza, la sua gioia, la pienezza di orizzonti che esso apre, il senso della vita che esso ci fa scoprire al di là di tutte le delusioni e le sofferenze e al di là della morte. Si tratta di cogliere come il Signore, che è la nostra ricchezza ora e per sempre, desidera essere la ricchezza e la salvezza di tutti, riempiendo ciascuno di quella pienezza di senso che a me è stata concessa.

Chi pretende di "evangelizzare senza Vangelo", cioè di fare opera di proselitismo attirando alla Chiesa ma senza comunicare quegli orizzonti luminosi di senso e di vita che il Vangelo apre a ogni persona umana, rischia di cadere sotto la condanna di Gesù: «guai a voi che percorrete la terra e il mare per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi» (Mt 23:15).

Evangelizzare è dunque comunicare, irradiare qualcosa di quella "buona notizia" e di quell'esperienza del regno che riempie la nostra vita. Di ciò noi abbiamo il mandato esplicito da Gesù, che vuole far partecipe ogni creatura di questi orizzonti di salvezza. Ne abbiamo un dovere di solidarietà per non lasciare privi altri di quelle prospettive di senso che rispondono agli interrogativi più profondi dell'uomo. Non possiamo perciò sottrarci a questo mandato senza rinnegare quella qualità di vita che il Vangelo del regno ci fa gustare: «Guai a me se non evangelizzo!» (1 Cor 9:16).


Quali sono i diversi livelli in cui il Vangelo è vissuto?
Guardando le cose dal punto di vista del soggetto che riceve l'annuncio evangelico è opportuno distinguere molteplici livelli di vita in cui la buona notizia si incarna nella persona e nel suo vissuto individuale e sociale.

Il Vangelo è vissuto anzitutto come dono "interiore" che dà gioia, riempie la vita, fa gustare una pace e una calma dello spirito che niente può turbare. È il dono di quella vita libera dall'angoscia di cui parla il discorso della montagna con le espressioni: «guardate gli uccelli del cielo [...], osservate come crescono i gigli del campo [...] cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6:26-33).

Dall'intimo del cuore il Vangelo irradia nella totalità della propria "vita personale", come fonte di senso e di valori per tutta la vita quotidiana. Le azioni di ogni giorno appaiono ricche di significato, i gesti del rapporto quotidiano acquistano verità e pienezza. Le pagine della Scrittura danno luce sulle vicende della giornata, la preghiera riempie il cuore di conforto e sostiene nel cammino, la partecipazione al culto da il gusto di essere in Gesù e nella Chiesa.

Si apre di qui lo spazio dell’ "agàpe" come spinta ad amare come Gesù ha amato, con particolare attenzione ai più poveri, e lo spazio della vita della "comunità cristiana" come luogo di significati e di valori che rischiarano il cammino della vita che riempiono l'esistenza. Nasce la possibilità di intessere rapporti autentici, di crescere nella comunione e nella vera amicizia. Le singole relazioni umane ne vengono illuminate.

Gli orizzonti della "vita sociale" appaiono come orizzonti di un'azione per la giustizia e la solidarietà, di dedizione ai più poveri, come spazio per un servizio al bene comune nella vita professionale e civile e per l'irradiazione di quei significati della vita che il Vangelo ha insegnato a riconoscere.

Gli orizzonti "al dì là della vita" non vengono più emarginati come fonte di paura ma si aprono a speranze che confortano nelle prove. Di qui appare evidente che per comunicare il Vangelo occorre che esso sia operante in noi a questi molteplici livelli, anche se sempre in stato di acquisizione e di crescita. Non possiamo irradiare se non ciò che in qualche modo lo Spirito ha messo dentro di noi e fa crescere pur nelle resistenze del nostro cuore.


Quali i diversi contesti o ambiti di comunicazione del Vangelo?
Dal momento che la realtà del Vangelo del regno abbraccia tanti aspetti dell'esistenza umana, da qui fino al compimento eterno, ne deriva che molti e molteplici sono i contesti o ambiti in cui tale realtà può essere comunicata. Si può partire dai più semplici e in apparenza quasi profani per giungere fino a quelli che coinvolgono in pieno nella vita della comunità cristiana e nel servizio delle istituzioni ecclesiastiche.

Un contesto o ambito che possiamo ritenere primario è quello del "senso della vita". La vita vissuta secondo il Vangelo non appare più come assurda o dominata dal caso, ma come ricca di senso e degna di esser vissuta, anche nei suoi lati oscuri e dolorosi. L'irradiare attorno a sé, con il proprio modo sereno e convinto di fare le cose, che la vita ha un senso, che vivere non è un'avventura assurda e cieca, che esistono valori per cui vivere, che vale la pena essere onesti, giusti, sinceri, è un primo grande servizio di evangelizzazione. Di esso la gente ha un bisogno enorme. Oggi il dubbio se valga o no la pena di vivere con un certo ordine o non sia piuttosto il caso di lasciarsi vivere alla rinfusa e secondo le attrazioni del momento è molto diffuso. Questa incertezza esistenziale, questo pessimismo sulla vita è causa di disimpegno, frustrazione, noia, ricerca continua di evasioni e di eccitazioni, al limite anche disperazione. Quanto bene può fare oggi un cristiano laico col suo solo credere a ciò che fa, nel campo familiare e professionale! Quanto conforto nasce da questo primo semplice modo di evangelizzare!

Ciò vale in maniera particolare quando il contesto è quello del dolore e della malattia. Il far intendere, con la pace del cuore e la serenità nelle prove, che le malattie e le disgrazie sono una parte della vita; il far capire che non tutte le partite si chiudono in questa vita, ma che c'è una speranza più alta, è un grande atto di evangelizzazione. Ciò non ha bisogno neppure di molte parole e argomenti: è una persuasione che chi crede irradia col suo modo di guardare e di parlare, di affrettarsi con calma e di rispondere con pazienza, di lottare il male e infondere speranza nel bene. Si giunge così persino a far intravedere non solo che la vita ha comunque un significato, ma anche uno sbocco, che supera la stessa oscurità della morte.
Un altro contesto per la comunicazione del Vangelo è quello della comunione. Si tratta di far comprendere in pratica che non è necessario guardarsi da tutti come nemici o possibili concorrenti, anzi ha senso ed è praticabile un modo di vita solidale, in cui la fiducia degli uni negli altri costruisca comunità autentiche, e una prassi di solidarietà che porti a un interesse per ogni forma di liberazione dell'uomo.
Un quarto ambito è quello del superamento delle inimicizie: non solo sono possibili amicizie sincere, ma ci è addirittura dato di superare le situazioni di odio e di conflitto traendo bene dal male e perdono dall'odio. Si vede di qui come questi e simili ambiti sono esprimibili in termini semplicemente umani e "laici", anche se sono resi possibili da quella luce che in contesti più precisi diventa quella del Gesù dei vangeli e in particolare del discorso della montagna, del Cristo morto e risorto per la nostra salvezza, della Chiesa come comunità di coloro che sono "in Cristo.
Gesù manda i discepoli a guarire gli infermi, a risuscitare i morti, a sanare i lebbrosi, a cacciare i demoni. Oggi v'è un enorme bisogno di uomini e donne autenticamente cristiani, capaci di impegnarsi nel risanamento del cuore umano e delle strutture ingiuste. Gesù indica il "cuore" come causa di ogni malvagità (Mc 7:20-23). Lo dice con chiarezza anche Pietro al mago Simone: «Il tuo cuore non è retto davanti a Dio» (At 8:21). Il risanamento del cuore e il conseguente cambio delle strutture di peccato in cui si sono accumulati e come solidificati gli errori e i peccati dell'umanità è un atto che manifesta la forza di quel Vangelo che ci insegna a rendere bene per male, a trarre il bene dal male, a vincere il male col bene. Di qui appare evidente che per «dare ragione della speranza che è in noi» (1 Pt 3:15) occorre che questa speranza davvero ci sia nel nostro cuore, che il Vangelo ci illumini interiormente, che la visuale del regno ci sia familiare e che tutto ciò appaia nel nostro modo di parlare e di agire, semplice e onesto, concreto e fattivo, non pettegolo né arrogante, modesto e fiducioso, aperto a ogni realtà umana e rispettoso di tutti. È così che l'evangelizzazione supera il rischio del "proselitismo". Mentre esso è l'espressione di un gruppo chiuso che cerca semplicemente di allargare il numero degli adepti, l'evangelizzazione è l'espansione spontanea e lieta di quel senso della vita che ci è stato dato di trovare come dono dall'alto, vocatura del Dio Trino e della Madonna Trifola, 20 euro l'etto che questa è roba bona.

1:59 PM  
Blogger mylla said...

Non sapevo che questo blog facesse concorrenza a wikypedia come abbondanza di informazioni....
Grazie a Iale che concorda con che concordo con lui che lui sa che io so che noi sappiamo.

7:11 PM  
Blogger Lale said...

Grazie a Iale che concorda con che concordo con lui che lui sa che io so che noi sappiamo.

Il tutto, ovviamente, in senso anafestico (cit.)

^_^

11:24 AM  

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