Il Bivio: La storia di Jon Carl Frodman III
Oggi parlerò della vita del grande suonatore di Saxsofono Jon Carl Frodman III (nato il17/8/1925 a Dallas Texsas USA morto il 25/12/1985 a La California Livotno Italy).
Allora il grande Jon era un musicista molto bravo e fantasioso, la sue capacità di Jazzista erano famose in tutto il mondo.
Lui andava in tutti i pub degli USA da quelli bene di Nuova York (famosissimo qui il suo duetto con Ray Charls di cui abbiamo na foto) o di Los Angeles ai pub della periferia di Ditroit dove se gli andava bene veniva pagato con una bottiglia di birra spaccatagli in testa.
Ma il nostro caro Jon non era felice ed appagato la sua vita era immarsa nel disagio e nell'odio anti negri di quegli anni imperversava in quasi tutta america.
Allora il nostro caro Jon iniziò la sua battaglia Pro Negri ma l'unica cosa che rimediò fu un licenziamento ed una fila di badilate sulle rene che lo costrinsero ad un anno di fisioterapia sotto le amorevoli cure del Dottor Casa Divisione Medica di South Park.
Ma qui succede l'impensabile: Il caro Jon si sbianca in tutto il corpo meno che nel viso e che nella Fava.
Questa cosa gli porto infamia ed odio iniziò a fequentare gentaglia psicopatici e psicofarmaci, iniziò ad abusare di sostanze stupefacenti tipo: la Mela Caramellato, Il Diacciolo alla Liquirizia e di dolcetti alla cocacola; ma non contento abusava anche con la Red Bull e la Coca Cola Light.
Queste dipendenze lo portarono anche al tramonto della sua carriera di musicista infatti non veniva nemmeno cacato persino da Maurizio Costanzo e Paolo Limiti.
Ma la sua vita ebbe un altro cambiamento Conobbe La Fede e da lei ebbe un figlio di nome Jon Carl Frodman IV (e si in famiglia avevano una grande fantasia per i nomi...) e si disintossicò ed iniziò a farsi di acidi (nitrico, solfrico e acqua regya) smise di bere la Red Bull ed incomiciò a darci su del piu' sano Whisky.
La sua carriera riprese e cominciò a macinare successi l'uno dopo l'altro diventò amico di Braddo Pitti e di Jak Snake.
Nessuno sembrava fermare la sua grande ascesa ma ci fu un nuovo Bivio nella sua vita: era alla La California (Li) e qui successe l'immaginabile: mentre in contemporanea se faceva in vena e e sorceggiava dell'ottimo Whisky invecchiato si trovò davanti un Bivio e lui non ricordandosi da quale parte andare andò a destra e li trovò la statuina di Padre Pie che gli disse: "Visto che son Padre Pie e son Buone ti farò stiantare adosso a questo albero per far finire le tue sofferenze" e così avenne e il caro Jon se stiantò nell'albero e sTiantò e si liberò dal doloro che si affossava dentro il suo cuore cioè quello di avere tutto esser ricco e famoso avere una moglie e una figlio che lo amavano, cose che come già detto lo facevano sffrire, visto che così non poteva essere considerato un artista maledetto.
Morale della favola è chi la fa l'aspetti.
E per il bivio: se avesse continuato a fare il raccoglitore di patate? Oppure se non avesse Conosciuto la Fede, non non qella che credi in un solo Dio ecc ecc, ma la Fede come ciccia Baffina? Ed infine invece che prendere il bivio a destra andava a sinistra non poteva sopravvivere?
O chi lo sa
Ora alcune immagini del caro Jon Carl Frodman III:
Ecco Jon Carl Frodman III mentre vede Padre Pie prima dello Stianto.
Qui con Ray Charls.
Qui insieme a loschi figuri...
Ed in fine qui all'apice del suo successo mentre suona il suo Sax qesta è l'immagine con cui lo vogliamo ricordare.
Adie
P.S. questo post può sembrare a qualcuno un plagio o una Brutta copia delle Nuvelle della Spesa blog di Vavvo, che vi consiglio di visitare visto che ci sono diverse Nuvelle che meritano, (http://novelledellaspesa.splinder.com). Cosa non del tutto vera e spero che il caro Vavvo non se la prenda.
ArAdie
Allora il grande Jon era un musicista molto bravo e fantasioso, la sue capacità di Jazzista erano famose in tutto il mondo.
Lui andava in tutti i pub degli USA da quelli bene di Nuova York (famosissimo qui il suo duetto con Ray Charls di cui abbiamo na foto) o di Los Angeles ai pub della periferia di Ditroit dove se gli andava bene veniva pagato con una bottiglia di birra spaccatagli in testa.
Ma il nostro caro Jon non era felice ed appagato la sua vita era immarsa nel disagio e nell'odio anti negri di quegli anni imperversava in quasi tutta america.
Allora il nostro caro Jon iniziò la sua battaglia Pro Negri ma l'unica cosa che rimediò fu un licenziamento ed una fila di badilate sulle rene che lo costrinsero ad un anno di fisioterapia sotto le amorevoli cure del Dottor Casa Divisione Medica di South Park.
Ma qui succede l'impensabile: Il caro Jon si sbianca in tutto il corpo meno che nel viso e che nella Fava.
Questa cosa gli porto infamia ed odio iniziò a fequentare gentaglia psicopatici e psicofarmaci, iniziò ad abusare di sostanze stupefacenti tipo: la Mela Caramellato, Il Diacciolo alla Liquirizia e di dolcetti alla cocacola; ma non contento abusava anche con la Red Bull e la Coca Cola Light.
Queste dipendenze lo portarono anche al tramonto della sua carriera di musicista infatti non veniva nemmeno cacato persino da Maurizio Costanzo e Paolo Limiti.
Ma la sua vita ebbe un altro cambiamento Conobbe La Fede e da lei ebbe un figlio di nome Jon Carl Frodman IV (e si in famiglia avevano una grande fantasia per i nomi...) e si disintossicò ed iniziò a farsi di acidi (nitrico, solfrico e acqua regya) smise di bere la Red Bull ed incomiciò a darci su del piu' sano Whisky.
La sua carriera riprese e cominciò a macinare successi l'uno dopo l'altro diventò amico di Braddo Pitti e di Jak Snake.
Nessuno sembrava fermare la sua grande ascesa ma ci fu un nuovo Bivio nella sua vita: era alla La California (Li) e qui successe l'immaginabile: mentre in contemporanea se faceva in vena e e sorceggiava dell'ottimo Whisky invecchiato si trovò davanti un Bivio e lui non ricordandosi da quale parte andare andò a destra e li trovò la statuina di Padre Pie che gli disse: "Visto che son Padre Pie e son Buone ti farò stiantare adosso a questo albero per far finire le tue sofferenze" e così avenne e il caro Jon se stiantò nell'albero e sTiantò e si liberò dal doloro che si affossava dentro il suo cuore cioè quello di avere tutto esser ricco e famoso avere una moglie e una figlio che lo amavano, cose che come già detto lo facevano sffrire, visto che così non poteva essere considerato un artista maledetto.
Morale della favola è chi la fa l'aspetti.
E per il bivio: se avesse continuato a fare il raccoglitore di patate? Oppure se non avesse Conosciuto la Fede, non non qella che credi in un solo Dio ecc ecc, ma la Fede come ciccia Baffina? Ed infine invece che prendere il bivio a destra andava a sinistra non poteva sopravvivere?
O chi lo sa
Ora alcune immagini del caro Jon Carl Frodman III:
Ecco Jon Carl Frodman III mentre vede Padre Pie prima dello Stianto.
Qui con Ray Charls.
Qui insieme a loschi figuri...
Ed in fine qui all'apice del suo successo mentre suona il suo Sax qesta è l'immagine con cui lo vogliamo ricordare.
Adie
P.S. questo post può sembrare a qualcuno un plagio o una Brutta copia delle Nuvelle della Spesa blog di Vavvo, che vi consiglio di visitare visto che ci sono diverse Nuvelle che meritano, (http://novelledellaspesa.splinder.com). Cosa non del tutto vera e spero che il caro Vavvo non se la prenda.
ArAdie
Etichette: Dubbi esistenziali, Il Bivio, Le Risa
6 Comments:
Ma anche Jon, come Jackson, amava troppo i bambini?
Una curiosita'... ma nella foto che lo ritrae nella posa in cui lo vogliamo ricordare, quale ausylyo utilizzava il fu Jon per rimanere inchiodato con i piedi sulla parete destra della stanza?
Solvici cotanto dylemma (te e non Padre Pie, senno' hai visto che fine che si fa!)
allora Jon, miero scordato di dirlo, era famoso e anche bravo a suonare il sax, mentre faceva la ruota senza mane capito perchè la foto è in quel modo?
se vai su Wikipedia leggerai con esattezza tutta la sua vita...
Adie
più che ricordarmi il bel blog del caro Vavvo? ovvero:
www.novelledellaspesa.splinder.com
il tuo lavoro mi ricorda passi dei suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, il Santo Padre Vavvo ha scelto di onorare con uno dei primi viaggi pastorali del suo pontificato la terra di Turchia che comprende una estesa regione che, non a torto, è stata definita la “terra santa della Chiesa”. È in essa, infatti, che la comunità cristiana, soprattutto nei grandi centri di Antiochia e di Efeso, ha preso coscienza della sua identità e si è consolidata. Qui la Chiesa si è aperta al mondo antico in un processo di inculturazione e di adattamento che l’ha resa veramente ‘cattolica’, ossia aperta a tutte le espressioni culturali. Inoltre da queste terra è partita la prima evangelizzazione sia dell’Estremo Oriente che quella dei popoli slavi.
Non è casuale che la maggior parte degli scritti che compongono il Nuovo Testamento abbia visto la luce in questa terra o sia stata indirizzata a comunità cristiane di queste regioni. Due autori di questi scritti, Paolo di Tarso e Luca di Antiochia, sono tra i primi testimoni di una Chiesa che nel corso dei secoli ha visto una ricca fioritura di personaggi, i quali hanno dato un’impronta all’intero cristianesimo. Il pensiero va ai Padri cappadoci, a quelli antiocheni e a quelli siriaci, ma pure a quell’innumerevole schiera di martiri e di asceti che ancora oggi la liturgia ci propone come modelli di vita cristiana.
Il viaggio del Vescovo di Roma in Turchia ha luogo tra due date significative che ricordano illustri testimoni della fede: il XVII centenario della nascita di Efrem il Siro (306) e il XVI centenario della morte di Giovanni Crisostomo (407).
Entrambi sono raggi splendenti di quella ‘luce che viene dall’Oriente’ e che il Santo Padre Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica “Orientale lumen” (1995), ha voluto ricordare perché la Chiesa universale non perda di vista le ricchezze di testimonianza, pensiero e spiritualità dell’Oriente cristiano e guardi con nostalgia al primo millennio cristiano in cui la Chiesa viveva nell’unità.
In un’epoca di pluralismo come l’attuale, proprio la multiforme ricchezza delle diverse tradizioni religiose, sorte in terra di Turchia e ancora presenti in essa, attesta come pluralità nelle espressioni liturgiche e spirituali e unità nella fede in Cristo Signore si compongono armonicamente. Ben a ragione il Santo Padre ha parlato del dialogo come di “una polifonia di culture”.
Questo principio vale per le diverse confessioni cristiane, ma vale altresì per il dialogo tra cristiani e credenti di fede islamica. Talune ombre del passato non possono oscurare la luce che emana dal quotidiano ‘dialogo della vita’, dal ‘dialogo della carità’ ed anche dal ‘dialogo delle esperienze religiose’ che qui ha contrassegnato i rapporti tra cristiani e musulmani.
Il viaggio del Santo Padre Benedetto XVI in Turchia si colloca in questa storia ed è a partire da essa che va interpretato. Si tratta pertanto di un viaggio pastorale, di un viaggio ecumenico e di un viaggio all’insegna del dialogo con il mondo islamico.
1. Un viaggio pastorale
La Chiesa cattolica di Turchia, nelle sue espressioni rituali diverse (latina, armena cattolica, siro cattolica, caldea) costituisce una piccola minoranza all’interno di un mondo musulmano prevalentemente sunnita. In continuità con l’apostolo Pietro che da Roma indirizzò una lettera (1 Pietro) alle comunità cristiane in diaspora dell’attuale Turchia, anche il suo successore s’indirizza alle stesse comunità facendo ad esse dono, non solo della sua parola, anche della sua presenza. Pietro invitava i cristiani di queste terre “a dare ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15). Nel presente momento storico, che ha visto il sorgere e l’affermarsi di forme d’intolleranza religiosa, Papa Benedetto XVI, mediante l’annuncio della Parola e la celebrazione dei Sacramenti, viene a confermare la comunità cattolica di Turchia nella fedeltà a Cristo e nella speranza in Lui.
Le celebrazioni dell’Eucaristia con i fedeli cattolici di Turchia sono due. La prima ha luogo presso il santuario mariano nazionale di Meryen Aria Evi (Casa della Madre Maria), ad Efeso, città in cui il concilio del 431 proclamò la sua divina maternità, ma anche dove ‑ secondo una pia tradizione ‑ Maria sarebbe vissuta per un certo tempo insieme con San Giovanni. Il santuario è punto d’incontro e di preghiera per cristiani e per musulmani che in Maria riconoscono la madre sempre vergine di Gesù eletta da Dio per il bene dell’umanità.
La seconda celebrazione Eucaristica ha luogo il 1° dicembre ad Istanbul nella Chiesa cattedrale dello Spirito Santo. La partecipazione alla Santa Messa in rito latino di una rappresentanza delle comunità cattoliche di Turchia appartenenti ai diversi riti orientali è sottolineata dalla presenza di espressioni rituali proprie di ciascun Rito.
2. Un viaggio ecumenico
Fin dai primi momenti dell’inizio del suo ministero petrino, Benedetto XVI ha posto come priorità del suo pontificato l’impegno ecumenico. Come ebbe a dichiarare il 20 aprile 2005, nell’omelia pronunciata nella Cappella Sistina il giorno dopo la sua elezione, “l’attuale successore di Pietro si lascia interpellare in prima persona da questa domanda ed è disposto a fare quanto è in suo potere per promuovere la fondamentale causa dell’ecumenismo. Sulla scia dei suoi Predecessori, egli è pienamente determinato a coltivare ogni iniziativa che possa apparire opportuna per promuovere i contatti e l’intesa con i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali”.
Il viaggio ad Istanbul s’inscrive in questa prospettiva e trova un primo momento significativo nell’incontro di preghiera e di dialogo del 29 novembre tra il Santo Padre e Sua Santità Bartolomeo I nella Cattedrale patriarcale. Al termine della comune preghiera ha luogo la venerazione delle reliquie di San Gregorio il Teologo e di San Giovanni Crisostomo. Il cuore della visita al Patriarca Ecumenico si ha il 30 novembre, giorno della memoria liturgica dell’apostolo Andrea. La partecipazione del Papa alla Divina Liturgia seguita da una breve preghiera comune e dallo scoprimento di una lapide in memoria degli ultimi tre pontefici che hanno visitato il patriarcato, si conclude con la lettura e la firma di una dichiarazione congiunta tra il Santo Padre ed il Patriarca Bartolomeo I.
Il carattere ecumenico del viaggio del Vescovo di Roma alle Chiese sorelle di Turchia viene sottolineata dalla visita che egli fa nello stesso giorno a sua Beatitudine il Patriarca Mesrob II Mutafyan, nella sede del Patriarcato Armeno Apostolico.
Il momento d’incontro personale e di comune preghiera e lo scoprimento di una lapide in lingua armena e turca a ricordo della visita di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e, ora, di Benedetto XVI vogliono significare il legame che esiste tra la Chiesa armena apostolica e la Chiesa cattolica.
Nello stesso spirito di fraterna comunione in Cristo, il Santo Padre riceve nel tardo pomeriggio, nella sede della Rappresentanza Pontificia d’Istanbul, l’Arcivescovo siro ortodosso ed alcuni capi delle comunità protestanti.
3. Un viaggio all’insegna del dialogo interreligioso
È significativo che il primo viaggio del Santo Padre in un paese a maggioranza musulmana inizi proprio nella terra dalla quale Abramo, comune patriarca per ebraismo, cristianesimo ed islam intraprese il suo viaggio nella fede in Dio. È, infatti, da Harran, villaggio dell’attuale Turchia, che egli partì in spirito di totale dipendenza a Dio, fidandosi unicamente della parola a lui rivelata.
La rinnovata memoria di queste comuni radici che legano le tre religioni e che il Santo Padre vuole richiamare con il suo viaggio, è un segnale che egli lancia per il superamento delle contrapposizioni che nei secoli hanno talvolta opposto tra loro ebrei, cristiani e musulmani.
Come non ricordare, poi, che nel suo novennale soggiorno in terra di Turchia, il Delegato Apostolico Giuseppe Roncalli, divenuto Papa Giovanni XXIII, ha percepito e maturato l’urgenza del dialogo interreligioso, espresso nella dichiarazione “Nostra Ætate” del Concilio Vaticano II, voluto dallo stesso Pontefice?
Recentemente Papa Benedetto XVI ha definito tale dichiarazione la Magna Charta della Chiesa cattolica nei suoi rapporti con il mondo islamico (cf. Discorso ai Diplomatici, lunedì 25 settembre 2006).
Il viaggio in Turchia ‑ in continuità con il pensiero di Papa Giovanni Paolo II – va inteso come una riaffermazione della volontà della Chiesa cattolica di un’impellente necessità del dialogo interreligioso. La Turchia, paese che si dichiara ufficialmente laico, e che fa da ponte tra Europa ed Asia ed accoglie in sé diverse tradizioni religiose, è come il balcone sul Medio Oriente dal quale rafforzare i valori del dialogo interreligioso, della tolleranza, della reciprocità e della laicità dello Stato.
II. Il libro liturgico del viaggio
L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, come è solito fare in occasione dei viaggi papali, ha preparato, anche per il viaggio apostolico del Papa in Turchia, un libro liturgico.
Il volume, destinato in modo particolare al Santo Padre e ai concelebranti, contiene i testi e le rubriche delle celebrazioni programmate in occasione del viaggio.
1. Le celebrazioni con la comunità cattolica
Le celebrazioni dell’Eucaristia presiedute dal Santo Padre sono tre:
- mercoledì 29 novembre a Efeso nel Santuario di Meryem Ana Evì;
- giovedì 30 novembre a Istanbul nella Cappella della Rappresentanza Pontificia;
- venerdì 1° dicembre a Istanbul nella Cattedrale dello Spirito Santo.
La celebrazione nel Santuario di Meryem Ana Evì
La celebrazione dell’Eucaristia avviene nello spazio accanto al Santuario di Meryem Ana Evì ed ha una marcata connotazione mariologica ed ecclesiale.
Il formulario della Santa Messa è proprio della Beata Vergine Maria. I testi eucologici e le letture bibliche in particolare sottolineano il mistero della maternità di Maria in riferimento alla sua presenza, insieme con l’Apostolo Giovanni, sotto la Croce del Signore. Le parole di Gesù sulla Croce: «Ecco tuo Figlio … Ecco tua Madre» (Gv 19, 26-27) la Chiesa le ha accolte come un particolare testamento nel quale il Cristo Signore “affidava alla Vergine Maria tutti i discepoli quali figli” e ai discepoli consegnava la Madre.
Nella celebrazione vengono usate oltre al latino, la lingua turca, l’italiano, il francese, l’inglese e il tedesco.
La celebrazione nella Cappella della Rappresentanza Pontificia
I testi della celebrazione sono propri della festa dell’Apostolo Andrea. Si usa la lingua latina. Solo le letture sono proclamate in lingua volgare.
Alla celebrazione partecipa il personale in servizio presso la Rappresentanza Pontificia.
La celebrazione nella Cattedrale dello Spirito Santo
La celebrazione nella Cattedrale di Istanbul ha una dimensione pneumatologica esplicitata dalla celebrazione della Messa votiva dello Spirito Santo. Tale dimensione è legata non solo al titolo dello “Spirito Santo” della Cattedrale ma anche dalla particolare configurazione dell’assemblea, convocata per la celebrazione, formata da vari gruppi di persone, di diverse lingue e di diversi riti, ma uniti dalla stessa fede, dalla stessa carità e dallo stesso Spirito.
La celebrazione, sia nell’uso delle lingue che di alcune sequenze rituali, vuole essere l’espressione delle varie componenti della comunità cattolica.
Il formulario della Messa è proprio dello Spirito Santo. Vengono usate le seguenti lingue: il latino, il turco, il francese, il tedesco, il siriaco, l’arabo e lo spagnolo.
Alcune sequenze rituali sottolineano la presenza dei vari riti orientali: l’armeno, il caldeo, il siro. Agli armeni è riservato: il canto d’ingresso e il Sanctus; ai caldei: il Salmo responsoriale e il canto di offertorio eseguito in lingua aramaica; ai siri: la proclamazione del Vangelo secondo le modalità del proprio rito.
2. Le celebrazioni ecumeniche
I momenti di preghiera a carattere ecumenico sono tre:
- mercoledì 29 novembre, la preghiera nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio al Fanar;
- giovedì 30 novembre, la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio al Fanar;
- venerdì 1 dicembre, la liturgia della Parola nella Cattedrale armena di Santa Maria.
La preghiera nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio al Fanar
Il momento di preghiera serale è costituito da una breve akolouthia, composta per la circostanza, con vari elementi presi da diverse ore e feste dell’Ufficiatura della Chiesa Bizantina.
All’ingresso del Papa e del Patriarca nella chiesa, vengono cantate sette antifone, di cui cinque sono prese dal salterio e due dai testi dell’ufficiatura notturna bizantina della domenica. Nella prima antifona, presa dal salmo 88, 16-17: Signore, alla luce del tuo volto cammineranno…, tutto il giorno esulteranno nel tuo nome, e nella tua giustizia saranno innalzati, troviamo un riferimento al tema della luce che collega l’ufficiatura all’ora serale in cui viene celebrata. Le altre antifone salmiche invitano alla lode del Signore glorioso. La terza e la sesta antifona, prese dall’ufficiatura domenicale, fanno riferimento esplicito allo Spirito Santo dato agli apostoli: Dal Santo Spirito scaturisce ogni sapienza, per lui agli apostoli è data la grazia… Il Santo Spirito è la sorgente dei divini tesori, da lui provengono sapienza, intelligenza, timore…
L’ufficiatura si apre con la benedizione di inizio secondo tutte le ufficiature della tradizione bizantina: Benedetto il nostro Dio, ora e sempre e nei secoli dei secoli.
Si cantano quindi sei tropari scelti per la celebrazione: il primo è quello della Pentecoste, il giorno in cui il Signore, mandando lo Spirito Santo, ha fatto di alcuni pescatori, uomini sapienti per la salvezza del mondo. Il secondo e terzo tropario sono della festa dei santi Pietro e Paolo, patroni della Chiesa di Roma, e di sant’Andrea, patrono della Chiesa di Costantinopoli. Il quarto tropario fa riferimento a san Benedetto. Il quinto è un testo “nuovo” in quanto fu usato per prima volta nella visita di Sua Santità Paolo VI a Istanbul nel 1967: canta la gioia della città di Costantinopoli che riceve colui che presiede la chiesa di Roma e siede nella cattedra di Pietro. L’ultimo dei tropari è il kontakion che si canta nelle settimane precedenti il Natale e che descrive la gioia del mondo vedendo la Vergine che si avvia a partorire il Verbo eterno di Dio.
La terza parte dell’ufficiatura contiene sei versetti della Dossologia conclusa dal Trisaghion. Segue poi una litania con sette intercessioni e una preghiera conclusiva, detta dal Patriarca. Vi sono intercessioni per il Papa, per il Patriarca, per le Chiese e per il mondo intero.
A continuazione viene proclamata una lettura biblica, presa dal profeta Zaccaria 8, 7-17, la voce del profeta che chiama i popoli da Oriente e da Occidente e li raduna a Gerusalemme.
Subito dopo la lettura, si inizia la recita del Padre nostro introdotto dalla formula usuale di invito della liturgia di San Giovanni Crisostomo: Concedici, Signore, che con fiducia e senza condanna osiamo chiamare Padre Te, Dio del cielo, e dire… Il canto del Padre nostro si conclude con il versetto che di solito conclude la proclamazione del Vangelo: Gloria a Te, Signore, gloria a Te.
Segue poi la venerazione delle reliquie dei santi Gregorio il Teologo e Giovanni Crisostomo. Parte delle reliquie dei due santi Padri della Chiesa Costantinopolitana, conservate nella basilica di San Pietro, furono date dal Papa Giovanni Paolo II, di venerata memoria, al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I nel corso di una commovente celebrazione svoltasi nella Basilica Vaticana il 27 novembre 2004. Durante la venerazione delle reliquie, il coro canta i due tropari, di san Giovanni Crisostomo e di San Gregorio il Teologo.
La Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio al Fanar
La Liturgia bizantina è comune a tutte le Chiese di tradizione bizantina (ortodosse e cattoliche): della Grecia, del medio oriente, dell’est europeo, del sud dell’Italia. Le Chiese bizantine usano tre anafore, preghiere eucaristiche, chiamate anche semplicemente “liturgie”: quella di san Giovanni Crisostomo – usata quasi ogni giorno –, quella di san Basilio – usata 10 volte all’anno – e quella di san Giacomo – usata una sola volta all’anno. La celebrazione della Divina Liturgia bizantina, come quella di tutte le Chiese Orientali si svolge verso l’Oriente. Il sacerdote con tutti i fedeli guardano all’Oriente da dove Cristo verrà un giorno nella sua gloria. Il sacerdote intercede presso il Signore per il suo popolo; egli cammina davanti al popolo verso l’incontro con il Signore. Sono diversi i momenti in cui il sacerdote si volge al popolo: per la proclamazione del vangelo, per il dialogo che precede l’Anafora, per la Comunione coi Santi Doni e per tutte le benedizioni. Indicano momenti in cui lo stesso Signore viene incontro al suo popolo.
La Divina Liturgia bizantina si compone di tre parti: La preparazione del sacerdote e dei doni del pane e del vino (Protesi); la liturgia dei Catecumeni (liturgia della Parola); la liturgia dei Fedeli.
A. La preparazione dei doni si suddivide in due parti: la preparazione del sacerdote che prevede le preghiere e la vestizione delle vesti sacre; in queste preghiere il sacerdote chiede al Signore che nella sua misericordia, lo faccia degno di offrire il sacrificio, di intercedere per il popolo, di invocare lo Spirito Santo.
Segue la preparazione dei doni del pane e del vino. Anche se il rito della preparazione è compiuto solo dal sacerdote, in esso è presente simbolicamente tutta la Chiesa, quella del cielo e quella della terra.
B. La Liturgia dei Catecumeni. Essa è chiamata in questo modo in quanto prevede la partecipazione dei catecumeni, che vengono congedati dopo la proclamazione del Vangelo.
La Divina Liturgia inizia con una invocazione alla Santa Trinità: “Benedetto il Regno del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo…”. Seguono tre litanie, una più lunga e due più brevi, in cui si prega, invocando la misericordia del Signore su tutto il mondo, su tutta la Chiesa. Vengono elencati: la Chiesa, tutti coloro che ne fanno parte e tutti coloro che si trovano nel bisogno. Queste litanie comprendono sempre una invocazione alla Madre di Dio, a colei che interce per tutti e per la Santa Chiesa. Dopo la seconda litania si canta l’inno cristologico “O Unigenito”, un antichissimo inno liturgico che riassume in modo breve tutti i principali dogmi della fede cristiana: la Trinità, l’Incarnazione del Verbo di Dio, la divina maternità di Maria, la salvezza che ci viene dalla passione, la morte e risurrezione di Cristo. Segue il “piccolo ingresso”. Il sacerdote ed il diacono, portando solennemente in processione il Vangelo, lo prendono dall’altare, lo mostrano ai fedeli, e lo ricollocano sull’altare, ad indicare l’inizio della proclamazione della Parola di Dio (anticamente questo era l’ingresso per l’inizio della Liturgia). Prima delle letture ha luogo il canto del Trisaghion: “Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale…”. Si proclamano quindi due letture del Nuovo Testamento. Dopo il Vangelo abitualmente si tiene l’omelia.
C. Liturgia dei Fedeli. La terza parte quindi della Divina Liturgia è costituita dalla liturgia dei fedeli, a cui partecipano pienamente coloro che sono battezzati. Inizia con il “grande ingresso” la processione con il pane e il vino verso l’altare. Il coro canta l’inno “Noi che misticamente raffiguriamo i cherubini…”, un altro antico testo liturgico in cui la Chiesa del cielo e della terra si uniscono nella lode e nel ringraziamento a Dio per i suoi doni. Il sacerdote incensa l’altare, la chiesa, i doni preparati ed i fedeli, che sono tutti icone di Cristo. Poi solennemente prende la patena ed il calice, e mentre chiede al Signore di ricordarsi di coloro che sono stati commemorati e di tutta la Chiesa, li colloca sull’altare e li copre col velo. In questo momento il sacerdote fa sue e di tutta la Chiesa le parole del buon ladrone sulla croce: “Ricordati Signore di me nel tuo Regno…”. I doni, simbolo di Cristo, l’Agnello sacrificato, vengono collocati sull’altare, cioè nel sepolcro da dove, dopo la consacrazione o santificazione, il Cristo vivente e vivificante verrà dato ad ognuno dei fedeli. Dopo l’ingresso, si cantano alcune le litanie, ci si scambia il segno di pace e si recita il simbolo niceno-costantinopolitano. Segue l’anafora di san Giovanni Crisostomo, che ha una struttura simile a quella delle altre anafore delle liturgie orientali ed occidentali: dialogo trinitario iniziale, prefazio, Santo, anamnesi, narrazione dell’istituzione dell’Eucaristia, epiclesi, intercessioni e conclusione dell’anafora.
Seguono il Padre nostro, la frazione e la comunione. Prima della comunione il sacerdote versa dell’acqua bollente (detta zéon) nel calice come simbolo della presenza e della venuta dello Spirito Santo e ad indicare anche la vita che ci viene dalla comunione al Corpo e al Sangue viventi e vivificanti di Cristo stesso. La comunione si riceve sotto le due specie eucaristiche.
La Divina Liturgia si conclude con la benedizione finale.
La Liturgia della parola nella Cattedrale Armena Apostolica di Santa Maria
Le preghiere e le sequenze rituali che costituiscono il momento di preghiera sono stati prese da vari elementi della Celebrazione Eucaristica della Liturgia Armena.
Prima di iniziare la processione d’ingresso nella Cattedrale, vengono presentati al Santo Padre, secondo la tradizione nazionale armena, il pane, il sale e l’acqua di rose come simboli di benvenuto e di augurio.
Durante l’ingresso in Cattedrale di Sua Santità e di Sua Beatitudine, il coro esegue il canto (“Herasciapar Asdvadz”) “O Dio Meraviglioso”, che ricorda la storia della conversione del popolo armeno al cristianesimo per opera di S. Gregorio l’Illuminatore.
Ai piedi dell’altare viene quindi detta una preghiera. Dopo di essa, il Santo Padre e Sua Beatitudine prendono posto davanti al sacro altare, da dove il Vangelo, portato processionalmente dall’ingresso della Cattedrale, viene solennemente proclamato.
Il momento di preghiera nella Cattedrale Armena Apostolica esprime la gioia della Chiesa Armena Apostolica per la visita di Sua Santità Benedetto XVI.
III. Conclusione
L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice è vivamente riconoscente a coloro che hanno dato la loro collaborazione alla pubblicazione del presente volume.
Il ringraziamento è rivolto anzitutto ai Vescovi della Conferenza Episcopale Turca: essi, riuniti in Conferenza Episcopale a Istanbul il 18 settembre 2006, hanno dato le indicazioni generali concernenti i testi, le lingue e le espressioni rituali da usare.
Un grazie particolare al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli per la fraterna collaborazione nella redazione dei testi in inglese e in greco del momento di preghiera del 29 e della Divina Liturgia del 30 novembre.
Un ringraziamento anche ai responsabili della Cattedrale Armena Apostolica.
Un grazie, infine, ai componenti delle Commissioni liturgiche istituite per l’occasione dai vescovi di Izmir e di Istanbul.
Il presente volume rimarrà testimonianza dell’amore del Papa per il popolo turco, per la Chiesa sorella costantinopolitana e in particolare per la comunità cattolica in Turchia. La celebrazione dell’Eucaristia e l’annuncio della Parola del Vescovo di Roma alla comunità di Efeso e di Istanbul sono una conferma e un dono che il Successore di Pietro fa alla Chiesa che vive in Turchia, affinché essa rimanga unita nella fede e nell’amore in comunione con i propri Pastori e con il Romano Pontefice e continui ad essere aperta al dialogo ecumenico, al dialogo interreligioso e “a difendere e promuovere per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà” (Nostra ætate, 3).
ma mi dai la sua discografia?
Anonimo Vago
chi sei o tu commentatore anonimo?
Adie
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